Fra i tanti ministri che si sono succeduti nei numerosi governi  della storia politica dell’Italia a partire dal 17 marzo 1861, Vito Luciani non è sicuramente fra i più memorabili, anzi, non è stato facile trovare qualcosa su questo parlamentare nato a Bari il 21 luglio 1859 e morto ad Acquaviva delle Fonti (Ba) il 15 agosto 1951. 

Fu parlamentare per 5 legislature (dal 1904 al 1924), sottosegretario ai lavori pubblici nel Governo Luzzatti (1910-1911) e ministro per la ricostruzione delle terre liberate dal nemico nel secondo governo Facta dal I° agosto al 31 ottobre 1922 ed è in questa veste che suscita la mia attenzione.   

Il ministero per le terre liberate dal nemico fu istituito il 19 gennaio 1919 per coordinare le iniziative del governo italiano nei confronti delle popolazioni “liberate” in seguito alla prima guerra mondiale (Trentino-SudTirolo, Venezia Giulia, Zara) e di quelle del Veneto e del Friuli che avevano subito i disastri della guerra.  

Naturalmente si rivelò fin da subito il classico baraccone italiano, la cui cattiva gestione suscitò il risentimento delle popolazioni e l’attenzione della magistratura;  fu soppresso con regio decreto n. 391 del 25 febbraio 1923; sulle “prodezze” dei burocratici del suddetto ministero ne parla diffusamente Bruno Pederoda nel suo “Tra macerie e miserie di una regione dimenticata”. 

Quando il ministro Luciani arrivò a Treviso, trovò in Prefettura tutti i sindaci e le autorità locali particolarmente agguerrite e decise a presentare i loro “cahiers de doleances” in relazione alla drammatiche situazioni delle loro comunità,  dalla disoccupazione al ristoro dei danni di guerra, alla necessità di dar ossigeno ai bilanci dei loro comuni. 

Il ministro fu di una brutalità disarmante : il governo italiano non ha una lira e i veneti devono arrangiarsi (a un secolo di distanza non è cambiato proprio nulla…) ma è la risposta relativa all’occupazione  che lascia i presenti allibiti: “Egli crede che l’unica via per rimediare a tanta iattura sia l’emigrazione” e, in particolare dato che conosceva bene la situazione del Brasile per essere stato nel 1918 capo delegazione nella missione che andò in America Latina  per conto del governo italiano, assicurò che “In Brasile principalmente i Veneti sono ricercati per le loro qualità di uomini laboriosi, calmi, tranquilli e facile a sottomettersi” 

Ecco la soluzione del governo italiano nei confronti di un popolo che ha pagato il più alto prezzo durante la prima guerra mondiale per quanto riguarda la devastazione del proprio territorio e delle proprie comunità, che ha contato fra i propri figli  oltre sessanta mila morti caduti in battaglia, che non sa neanche quanti sono morti di fame e stenti (in una lapide a Palazzo Piva a Valdobbiadene sta scritto: “cittadini morti da proiettili 51, cittadini morti per fame 484) “Andate in Brasile che là vi accolgono bene”. 

Sono gli anni che vedono Luigi Luzzatti, già presidente il consiglio dei ministri, scrivere al suo successore Vittorio Emanuele Orlando denunciando il pericolo che in Italia potesse sorgere “un’Irlanda veneta, mutando i paesi più patriottici e più sobri nel chiedere, in ribelli della disperazione” e Guido Bergamo, parlamentare repubblicano di Montebelluna (Tv) infiammare le masse denunciando: 

“Il governo centrale di Roma, questo governo di filibustieri, di ladri e camorristi organizzati, non si accorgerà di noi se non ci decideremo a far da noi!”    

Il fascismo spegnerà la carica rivoluzionaria dei veneti, ma non la mai sopita aspirazione del popolo veneto all’autonomia, all’autogoverno, all’indipendenza che anche ai nostri giorni è più viva che mai. 

Ettore Beggiato Presidente Onorario Veneti nel Mondo