Nel 2017 secondo le dichiarazioni del Presidente della Regione Veneto, sig. Luca Zaia, ci sarà una consultazione popolare di importanza che non è esagerato definire storica e che riguarderà la cittadinanza residente sul territorio dell’ente amministrativo da lui amministrato.
La scelta delle parole di questo incipit è stata molto attenta, perché a chi scrive e, si spera, a chi legge deve essere sempre chiara la differenza tra i confini geografici attuali dell’ente amministrativo della Repubblica Italiana, denominato appunto “Regione Veneto”, e quello che è invece il “limes” storico, geografico e demografico della Patria Veneta, per la quale varrà il discorso di un eventuale futuro referendum per l’autodeterminazione del popolo veneto, in modo indipendente e separato dallo Stato italiano.
Rimanendo dunque sull’attualità, salvo voltafaccia clamorosi e ingiustificabili, si terrà nel 2017 un referendum ammesso dalla Corte Costituzionale della Repubblica Italiana che sottoporrà alla decisione dei cittadini della Regione Veneto la mutazione dei rapporti tra questa e lo Stato, in materia di competenze esclusive, nella direzione di maggiore autonomia decisionale e nella gestione delle risorse fiscali.
Si tratta di molto meno di quanto spererebbero le persone che, leggendo i tempi presenti nella nuova era aperta dal fenomeno della Globalizzazione, hanno già capito che per preservare libertà, democrazia, efficienza e Bene Comune è doveroso riorganizzare le istituzioni politiche, in modo da superare il modello dello Stato centrale di vaste dimensioni territoriali, invalso negli ultimi due secoli di Storia. Tuttavia, in attesa che tale consapevolezza si estenda a una percentuale sempre più ampia della popolazione e non solo in Veneto, è necessario avere coscienza dell’epocale importanza di un esito nettamente favorevole alla riforma di questa consultazione popolare.
Le ragioni storiche, antropologiche, culturali ed economiche che hanno determinato l’approdo a questo referendum vanno ricercate nella diversità del Veneto rispetto all’Italia, sulla quale sarebbe stucchevole e forse perfino privo di rispetto per la cultura dei lettori soffermarsi. Invece è essenziale ragionare sulle prospettive politiche implicate all’esito del voto.
Una partecipazione massiccia con un esito incontestabile darebbe una forza politica notevole sia ai rappresentanti istituzionali che avranno il compito di trattare i termini delle riforme, sia alle forze politiche ancora in crescita che mirano alla futura autodeterminazione della Patria Veneta, ma che al momento attuale ancora non riescono a trovare spazio perché, senza una meta concreta visibile, sono considerate affette da velleitarismo in rapporto alle elezioni italiane. Una vittoria al referendum segnerebbe di certo una svolta nella politica veneta e innescherebbe un processo destinato ad essere irreversibile, in direzione della riconquistata indipendenza della Repubblica di San Marco.
Viceversa, la prevalenza di ritrosie, distinzioni, eccezioni, disinteresse, astensione, vanificherebbe anche il pronosticato ampio margine di consenso alla richiesta di riforme autonomiste.
L’occasione per dimostrarsi coesi pur nelle diversità, perché prioritariamente appartenenti a un popolo che è diverso da quello dello Stato che lo governa, è storica e non va sprecata. Far capire alla comunità internazionale che il popolo veneto esiste ancora, che ancora si riconosce come tale e, pertanto, ha il diritto di essere riconosciuto da tutti come tale è di importanza decisiva, mentre mancare questa occasione metterebbe per lungo tempo una pietra tombale alle speranze di indipendenza che ardono in Veneto come in tante altre terre europee, dalla Catalogna ai Paesi Baschi, dalle Fiandre alla Scozia, dalla Corsica a numerose altre realtà che non hanno, comunque, neanche lontanamente una tradizione storica di indipendenza e sovranità di durata millenaria, come hanno i Veneti.
L’auspicio è quello di veder sorgere comitati di attivisti che superino gli steccati dell’appartenenza partitica, nel nome di un bene superiore e condiviso; di vedere cioè l’embrione di un popolo rinascente nella sua identità specifica e consapevole, capace pertanto di perseguire un obiettivo comune. Una volta ottenuto il successo, nulla potrà mai più essere come prima e quand’anche ci volesse più tempo del necessario, la strada sarà tracciata e l’approdo finale sarà inesorabile.
Siamo in attesa della comunicazione della data del voto, stiamo aspettando che il sig. Luca Zaia indica il referendum. Per il rapido evolversi dei fatti mondiali e per la necessità di stare al passo con la Storia, il popolo veneto non può più aspettare e non potrà perdonare eventuali tradimenti. Il Presidente Zaia scelga se vuol essere ricordato come un politico importante o dimenticato come una mezza figura d’opportunista. Tocca a lui, adesso. Poi toccherà al popolo dimostrare al mondo intero se ancora esiste una Patria Veneta, se ancora desidera far vivere la propria Repubblica.