La Basilica di Santa Maria della Salute è sicuramente una delle chiese più amate dai veneziani; benedetta dal Patriarca Alvise Sagredo il 9 novembre 1687, opera di Baldassare Longhena, questa chiesa barocca fu eretta dalla Serenissima come ex voto per la liberazione della peste che flagellò la città attorno al 1630: “Voto solenne di erigere in questa Città e dedicar una Chiesa alla Vergine Santissima, intitolandola Santa Maria della Salute, et ch’ogni anno nel giorno che questa Città sarà pubblicata libera dal presente male, Sua Serenità et li Successori Suoi anderanno solennemente col Senato a visitar la medesima Chiesa a perpetua memoria della Pubblica gratitudine di tanto benificio”.

E, in effetti, “la perpetua memoria” viene vissuta con grande intensità e partecipazione: ogni anno il 21 novembre, giorno della Presentazione della Beata Vergine, una moltitudine di fedeli attraversa il ponte appositamente costruito sul Canal Grande, e si reca a pregare e a chiedere la protezione della Madonna; dopo quasi quattro secoli continua ad essere una delle feste più sentite dalla città.

E chissà quanti, fra veneziani e foresti, avranno notato che sopra il grandioso arco di ingresso, si può notare l’alone del Leone di San Marco, distrutto come tanti altri dai francesi nel 1797. Ecco come lo descrive il prof. Alberto Rizzi nei suoi fondamentali tre volumi “I Leoni di San Marco”: “Nella lunetta del portale, larga 430 cm., campeggiava un grande leone marciano verosimilmente a tutto tondo. Esso era andante (di tipo stante) a sinistra, nimbato, dal libro aperto e dalla coda forse sollevata. E’ probabile che la scultura fosse lignea e non è escluso che la sua collocazione sia coincisa con qualche solenne addobbo per la festa della Salute. E’ figurativamente documentata per la prima volta nell’Isolario del Coronelli (1696) ed è rappresentata in vedute di Antonio Canal, Michele Marieschi, e Francesco Guardi. La riproduzione più fedele sembra quella del Canaletto nella Festa della Salute” incisa da Giambattista Brustolon, similmente alle altre Solennità Dogali. L’enfatizzata presenza del gigantesco leone va storicamente inquadrata nel carattere statale della chiesa, similmente a quella del Redentore. Nel 1951 si progettò di sostituire l’esemplare perduto con uno di bronzo ma la cosa non ebbe seguito.”

Quarant’anni dopo toccò al prestigiosa stilista Laura Biagiotti tentare di riportare il Leone sulla Basilica; sul quotidiano “La Repubblica” del 30 aprile 1992 si legge infatti dell’offerta di 100 mila dollari (circa 120 milioni di vecchie lire) finalizzata alla promozione del profumo “Venezia”. “Il leone, che verrà fuso in base ai disegni e ai quadri della fine del Seicento e del Settecento, sarà pronto per il 1997, l’anno in cui cade l’anniversario della sua sparizione dal timpano di uno dei più bei templi che si affacciano sul Canal Grande”. Di tutta l’operazione rimase solo …il profumo, visto il “niet” della Soprintendenza .

Quattro anni più tardi un comitato spontaneo di cittadini, fondato da Lorenzo Cesco e Giuseppe Baldan rilanciò l’idea, come ricorda “Il Gazzettino” del 28 maggio 1996. Fu organizzata anche una tavola rotonda all’Ateneo Veneto coordinata dal prof. Mario De Biasi e con la partecipazione del prof. Giovanni Pillinini, dell’ing. Paolo Renier, di mons. Antonio Niero e del prof. Alberto Rizzi; anche quella volta l’iniziativa non portò a risultati concreti. Credo che i tempi siano maturi per ritentare l’impresa; il vento è cambiato, ci dicono in molti, e, pensandoci bene quasi tutti i Leoni che abbelliscono palazzi, campi, monumenti di Venezia sono stati rifatti dopo la furia distruttrice portata avanti da Napoleone e dalla sua soldataglia. Coraggio, allora, amici veneziani…

Ettore Beggiato