Albona (Labin) splendida cittadina istriana è situata in un colle a 315 metri sul mare, una posizione che ricorda l’epoca dei castellieri;  nel 1420 i capofamiglia riuniti in Duomo decisero di votare la dedizione alla Serenissima: Venezia decise di lasciare agli albonesi i loro usi e le loro consuetudini, fu stabilito  di fissare  il contributo annuale di 70 marche e fu concesso di eleggere il proprio podestà, purché cittadino della Repubblica Veneta. 

Il gonfalone con il Leone di San Marco sventolò su Albona e sulla costa istriana fino alla caduta della Serenissima, il 12 maggio 1797. 

Già nel 1341 la città si era dotata di un proprio statuto comunale; nei secoli veneti  Albona ha definito il suo aspetto urbanistico e architettonico con le caratteristiche  calli strette e tortuose, con i bei palazzi d’impronta veneziana, con tante scalinate e palazzi a volta, iniziando nel 1626 lo sfruttamento delle miniere di carbone. 

Nel centro storico spicca il Duomo (S. Maria Maggiore ora Natività della B.V. Maria) in origine romanico (XI secolo) caratterizzato da un notevole rosone gotico molto raffinato. 

Nella facciata particolare Leone di San Marco così descritto da Alberto Rizzi nel suo “Il Leone di San Marco in  Istria” (pagina 78): 

“Duomo, sulla facciata, entro nicchia ottocentesca tra il rosone ed il portale: leone marciano andante (1604 c.). Pietra d’Istria, cm. 90x130c. Leone andante (tipo stante)a sinistra reggendo libro aperto (della scritta consueta manca l’ultima parola; l’angolo superiore della seconda pagina risulta curiosamente piegato, così come il foglio successivo). Il leone presenta capo frontale con fauci aperte in cui sono evidenziate quattro zanne aguzze. Le ali sono parallele, di cui quella in secondo piano poco visibile; la criniera fluente è composta di regolari ciocche ricciolute; il corpo della fiera è smilzo e la sua coda, svolazzante a S., è tangente tanto la coscia che l’ala. Evidenziato è il sesso. La fiera poggia a destra su onde appena accennate, nelle quali ha immerse le estremità, mentre una zampa anteriore e il libro poggiano su piedestallo alludente a terreno. La scultura, che pare della medesima fattura gustosamente provinciale di quella sulla vicina Porta di S. Fior, è praticamente a tutto tondo essendo persino la zampa posteriore in secondo piano distaccata dal fondo.Essa tuttavia fu concepita per una visione frontale come denuncia la zona lapidea, lasciata grezza, retrostante il libro e congiungente questo al capo. 

La singolarità del leone del duomo albonese consisteva nel tener esso nelle fauci una pallina lapidea che, muovendosi al vento, provocava uno stridio simile a un lamentoso ruggito. Questa pallina cadde –o fu fatta cadere- in epoca imprecisata, probabilmente nell’immediato secondo dopoguerra, poiché il curioso fenomeno acustico  non è più riscontrabile da tempo. Essa era di certo appoggiata ad un incavo rotondo che s’intravvede tra le zanne in basso. 

Provenienza:  la scultura era originariamente collocata sopra la porta del rivellino, demolito nel 1848. E’ probabile che essa sia stata posta a ricordo del respinto attacco degli Uscocchi, che erano riusciti la notte del 19 gennaio 1599 ad impadronirsi del rivellino. Più precisamente dovette essere collocata nel 1603 o poco dopo, quando si iniziarono sostanziali migliorie del sistema fortificatorio cittadino. 

Scritte: sulla cornice inferiore è consunta iscrizione su due righe, della quale si legge “MDCCCXLVIII”, anno in cui il leone fu nicchiato nell’attuale sede (in concomitanza colla rivoluzione veneziana?) 

Conservazione: buona. L’opera è protetta, oltre che dalla nicchia, da una modanatura sovrastante.” 

Ettore Beggiato, Presidente Onorario Associazione Veneti nel Mondo aps